Il cronoprogramma del MiTE al via, tra buoni auspici e fallimenti passati

Nel contesto del PNRR, il Dipartimento per lo Sviluppo Sostenibile del MiTE ha recentemente approvato il cronoprogramma di attuazione delle misure prioritarie previste dalla Strategia nazionale per l’economia circolare. La timeline, che individua le principali azioni da mettere in atto fino al 2026, con una particolare concentrazione nel biennio 2022-2023, potrebbe essere un primo importante passo per riuscire a passare dalle parole ai fatti, promuovendo così una migliore gestione dei rifiuti sul territorio nazionale. Il programma è articolato e ci si sofferma qui sull’analisi dei primi quattro punti.

Il primo prevede l’istituzione dell’Osservatorio Nazionale per l’attuazione della Strategia per l’Economia Circolare entro il 30 settembre 2022, avente “finalità di monitoraggio, definizione e quantificazione di target intermedi e aggiornamento annuale del cronoprogramma per l’integrazione di tutte le misure della Strategia”. Questo nuovo soggetto dovrà favorire lo sviluppo delle iniziative, fare le dovute integrazioni, promuovere il dialogo tra le parti coinvolte, individuare eventuali problematiche e formulare soluzioni adeguate. Il nuovo ente si riunirà almeno ogni trimestre e sarà tenuto a redigere un rapporto annuale sullo stato d’avanzamento della Strategia e sulle proprie attività fino alla completa attuazione della timeline.

Si dovrebbe evitare, tuttavia, che l’operato dell’Osservatorio si limiti alla pura e semplice reportistica sull’esempio di un altro noto ente del passato, oggi non più operativo, ossia l’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti (ONR), che, istituito dall’art. 26 del D. Lgs. 22/97, aveva tutta una serie di compiti, tra cui quello di vigilare sul rispetto della normativa in materia di gestione di rifiuti, imballaggi e rifiuti di imballaggio. Nella pratica aveva, invece, assunto un mero ruolo di rilevazione statistica.

In secondo luogo, il cronoprogramma riporta gli step necessari per l’introduzione di un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, il cosiddetto Registro Elettronico Nazionale di Tracciabilità dei Rifiuti (RENTRI). Anche qui, nulla di nuovo si potrebbe dire. L’iniziativa parrebbe concettualmente simile all’esperimento fallimentare del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), introdotto nel 2010, che puntava a tracciare digitalmente i flussi di rifiuti speciali. Nella pratica però, nonostante gli ingenti investimenti in formazione del personale e dispositivi hardware, stimati in oltre 140 milioni di euro per le aziende e lo Stato, il sistema non è mai entrato in funzione ed è stato definitivamente abolito con la conversione del Decreto Legge 135/2018 (c.d. D.L. “Semplificazioni”) nella Legge n. 12 dell’11 febbraio 2019.

Lo schema di regolamento che disciplinerà il RENTRI, come previsto dal cronoprogramma, è già stato inviato alla Commissione Europea, mentre le prime iscrizioni al sistema potranno avvenire dopo diciotto mesi dall’entrata in vigore del regolamento, dunque nel 2024. Un segno positivo è stata la scelta di posticipare tale scadenza rispetto a quanto prevedeva la prima bozza, permettendo di avere circa due anni di tempo per testare il funzionamento della piattaforma. Sempre nell’ottica di differenziarlo dal SISTRI, il nuovo sistema non impiegherà hardware e le modalità operative potranno essere stabilite successivamente mediante decreti direttoriali, invece di decreti ministeriali.

Si prevede, poi, l’introduzione di incentivi fiscali volti a promuovere le attività di riciclo e i mercati di sbocco, premiando l’utilizzo di materie prime seconde. Il programma prevede l’individuazione di misure da inserire nella Legge di Bilancio 2023, in base ai risultati ottenuti da due crediti di imposta stabiliti nel 2021, e una proposta di aggiornamento del Credito di Imposta Transizione 4.0. Misure importanti anche alla luce delle difficoltà del contesto in cui si trovano oggi ad operare le aziende del riciclo. Le modalità attuative e la capacità di costituire realmente uno stimolo a un mercato dove spesso il punto debole è la domanda (vedasi lo scarso successo ad oggi del GPP) sono il vero banco di prova di una misura sulla carta significativa.

In questo quadro, è prevista anche la revisione del sistema di tassazione ambientale dei rifiuti, con l’obiettivo di favorire il riciclo rispetto al conferimento in discarica e all’incenerimento. Sarebbe utile, a tale proposito, esaminare i casi di altre nazioni europee, non tanto nella tecnicalità delle misure, quanto nell’inquadramento in una visione più ampia. Misure fiscali estemporanee di premio/penalizzazione hanno poco effetto (o peggio possono essere distorsive) se non si inseriscono in un intervento strutturale ed organico di riforma. Le difficoltà di misure come la plastic tax ne sono un esempio fin troppo evidente. Inoltre, nell’attuale complicato contesto economico, qualunque nuova misura fiscale deve essere concepita e attuata con grande attenzione, senza aumentare in alcun modo il tax rate complessivo che nel nostro Paese è già tra i più alti.

Organicità e coerenza devono, insomma, guidare tutti gli interventi. Qualche dubbio, infine, sorge anche riguardo alla tempistica per le misure previste ai quattro punti sin qui esaminati. Le scadenze si concentrano tutte tra il terzo trimestre 2022 (già superato) e il quarto del 2023. Un periodo relativamente breve per consentire di individuare ed esaminare efficacemente le criticità che hanno portato al fallimento le esperienze passate sopra ricordate per i primi due temi. Anche nel caso degli incentivi, le cui scadenze sono tutte nel 2022, viene da chiedersi se i tempi ristretti, pur viste le criticità del contesto economico, siano stati sufficienti ad analizzare le aree su cui puntare maggiormente in relazione alle caratteristiche del quadro nazionale e a valutare anche le misure applicate nel resto dell’UE.