L’innovazione tecnologica e la digitalizzazione stanno cambiando rapidamente il modo di vivere e lavorare, facendo crescere i device elettronici in tutti gli ambiti: domestico, industriale, professionale e della mobilità. Aumentano i volumi immessi sul mercato di Apparecchi Elettrici ed Elettronici (AEE) e di Pile ed Accumulatori (PA) in questi incorporati e, conseguentemente, quelli a fine vita. Un’ulteriore accelerazione viene poi dalla diffusione dello smart working prodotto dalla pandemia nel 2020. A fronte di questa crescita, la gestione dei relativi rifiuti (RAEE e RIPA) fatica a tenere il passo, non riuscendo a recuperare i ritardi di cui ancora soffre. I dati del preconsuntivo del Centro di Coordinamento RAEE (CdC RAEE), resi pubblici di recente, mostrano infatti come gli obiettivi europei siano ancora lontani.
Nel 2020, la raccolta differenziata dei RAEE ha raggiunto le 365.000 tonnellate, aumentata del 6,4% rispetto all’anno precedente. Allo stesso tempo, la raccolta pro capite si è attestata sui 6,1 chilogrammi pro capite, poco più della metà del target comunitario di 11 chilogrammi. Nel 2019 erano state raccolte 343.000 tonnellate di RAEE, corrispondenti al 38% dell’immesso a consumo, contro un obiettivo europeo del 65%. Diverso il quadro dei RIPA, dove gli accumulatori portatili avevano una quota di raccolto pari al 43,5% sull’immesso a consumo (fonte: CdCNPA) rispetto a un target europeo del 45% al 2016.
Peraltro, il sistema sta evolvendo verso una graduale convergenza del comparto dei RAEE con quello dei RIPA, dato l’aumento dei dispositivi dotati di batterie immessi sul mercato, portando a confluire sia i mercati che i rispettivi operatori, tra i quali gli stessi sistemi di gestione. Nel 2019, ad esempio, sui 13 Sistemi Collettivi iscritti al CdC RAEE e i 14 iscritti al Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori (CdCNPA), ben 11 operavano su entrambe le filiere (Figura 1).
Le norme italiane hanno invece puntato su una distinzione tra il settore dei RAEE e quello dei RIPA. L’allegato al D.M. del 13 dicembre 2017, n. 235 (“Regolamento recante approvazione dello statuto-tipo dei consorzi per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche …”) ha appunto richiesto ai sistemi di gestione di scorporare le attività relative ai RAEE dalle altre.
Sebbene queste disposizioni comportino una maggior complessità dei processi e oneri aggiuntivi, potrebbero favorire la trasparenza all’interno della filiera. La mancanza di indicazioni da parte del Ministero dell’Ambiente però ha fatto sì che ad oggi solo due consorzi abbiano assolto agli adempimenti, avendo presentato uno statuto conforme a quello previsto dall’allegato citato. Di conseguenza, nel comparto RAEE coesistono allo stato sistemi di gestione che hanno ripartito la propria attività per area di business e altri unici per tutti i settori in cui operano, con probabili distorsioni nella concorrenza.
Permangono, d’altra parte, criticità non nuove, tra cui l’esistenza di un ampio settore sommerso dei dispositivi elettronici, che genera impatti negativi sia sotto il profilo ambientale, che quello economico. Nel 2019 Assoraee stimava che ogni anno si perdesse traccia di quasi 20.000 tonnellate di RAEE, per un danno di circa 14 milioni di euro solo in Italia. Secondo gli operatori del settore il dato dovrebbe essere ben più elevato e in prospettiva spinto, ancora di più, dalle vendite online durante l’emergenza sanitaria.
Nel complesso, l’assetto dei mercati della gestione dei RAEE e RIPA è penalizzato sia dall’assenza di una chiara strategia nazionale di lungo periodo, sia dalla mancanza di controlli sull’applicazione e il rispetto delle norme esistenti. Il quadro normativo italiano, infatti, appare poco chiaro e non agevola la trasparenza, né l’efficienza dell’intero sistema, con un’adeguata competizione tra i vari compliance scheme.
Le attuali difficoltà rischiano di peggiorare ulteriormente guardando al futuro. Il comparto, infatti, sta andando incontro a molteplici e importanti cambiamenti tecnologici e di mercato.
La forte crescita prevista dei sistemi di accumulo, pone la questione dell’approvvigionamento dei materiali strategici, in buona parte concentrati in Paesi con complessità geopolitiche. La presenza nei flussi di RAEE dei cosiddetti “Critical Raw Material” (CRM), ne renderà la gestione sempre più rilevante nei prossimi anni. Ciò richiederà soprattutto una chiara disciplina End of Waste e strumenti di sostegno volti a promuovere, ad esempio, la realizzazione dei costosi impianti per il recupero di tali materiali e la domanda per i beni in uscita, la quale, fatta eccezione per il litio, rimane ancora ridotta sia in Italia che in Europa.
Lo sviluppo tecnologico, la crescente digitalizzazione dei processi e la diffusione di apparecchi connessi stanno portando, inoltre, all’affacciarsi di nuovi prodotti e modelli di consumo. I dispositivi tendono così ad essere sempre più piccoli, maneggevoli, connessi ed efficienti sul piano energetico. Il tutto potrebbe però comportare anche beni più complessi e quindi più problematici da gestire nelle fasi di riuso e recupero, ad esempio, durante il disassemblaggio e la rimozione delle batterie, nonché più costosi da smaltire. Nel complesso, lo sviluppo di prodotti con nuove funzionalità comporta spesso il rimpiazzo delle loro versioni precedenti prima della fine della vita utile. Di conseguenza, il tasso di sostituzione di beni quali computer e cellulari è in aumento.
Allo stesso tempo, si assiste alla diffusione di nuovi modelli di business e di consumo. Tra questi, la sharing economy, in cui i produttori generalmente mantengono la proprietà dei beni e ne pagano i relativi oneri. Questo, da un lato, porta le aziende a migliorare le prestazioni dei loro prodotti e, dall’altro, si accorciano le fasi di raccolta, recupero e riciclo. Non esistono ancora, tuttavia, norme puntuali che regolamentino tale fenomeno e questo crea diversi interrogativi in relazione alla responsabilità del fine vita.
Anche la diffusione dell’e-commerce, con il flusso di beni commercializzati cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni e, ancor più marcatamente dall’inizio dell’emergenza sanitaria (+27,6% nel 2020, fonte: eMarketer), impatterà sempre più sulla gestione di RAEE e RIPA. Aumentano, infatti, i rischi di comportamenti di free-riding, dato che spesso i venditori esteri sulle piattaforme online non hanno una sede legale e/o punti di vendita fisici sul territorio italiano, mancando di pagare il contributo ambientale in entrambi i Paesi, oppure non forniscono o forniscono solo parzialmente le informazioni necessarie per effettuare il ritiro dei propri dispositivi a fine vita.
In conclusione, la gestione del fine vita di RAEE e RIPA sarà sempre più strategica, sia per il recupero di risorse preziose, sia per l’aumento dei volumi in un contesto di crescente complessità. L’Italia, già in ritardo vistoso sugli obiettivi europei, rischia pure di trovarsi impreparata rispetto alle sfide future. Bisogna definire in fretta un’adeguata strategia anche per questo comparto così importante nel quadro di un piano nazionale per la circular economy.