L’attività delle aziende operanti nel waste management italiano, sia quelle attive nel comparto dei rifiuti urbani che quelle degli speciali, è stata particolarmente dinamica e variegata negli ultimi due anni, a dispetto degli aumenti dei costi, soprattutto dell’energia, e del quadro economico debole. Consolidamento e ampliamento delle attività, accordi tra imprese e innovazione trainano l’evoluzione del settore.
Lo evidenzia, tra l’altro, l’analisi delle operazioni straordinarie effettuate nel 2022 dai maggiori player, condotta dal think tank WAS. L’ultima edizione del WAS Annual Report rileva 45 iniziative (+29% rispetto a quelle mappate per il 2021), caratterizzate da una grande varietà in termini di strategie di fondo, operatori coinvolti, aree geografiche e comparti interessati.
L’attenzione delle aziende, per il quarto anno di fila, si è concentrata sull’acquisizione/cessione di quote societarie, che ha riguardato ben il 60% del totale. Al secondo posto troviamo gli accordi tra imprese, con un’incidenza del 20%, che mostrano diversi razionali. Tra questi spiccano il consolidamento lungo la filiera dei rifiuti speciali, lo sviluppo di nuovi processi di riciclo, la fornitura di materie prime seconde e la condivisione di know-how, anche per valutare opportunità di investimento a livello internazionale. La restante parte è poi rappresentata da aumenti di capitale/finanziamenti, con quattro iniziative per un peso del 9%, fusioni, tre per il 7%, costituzione di controllate e cessione di rami d’azienda, infine, contano un caso ciascuna.
La strategia di fondo prevalente è mutata rispetto agli anni precedenti. Prima era la Crescita al di fuori del proprio comparto d’origine attraverso l’acquisizione di nuove attività (37,1% del totale), mentre nel 2022 è l’Aggregazione, ossia l’ampliamento delle operazioni all’interno del proprio core business (42,2%). La Crescita passa al secondo posto, con il 17,8%, seguita dalla Riorganizzazione societaria e dalla Collaborazione strategica (ognuna con il 13,3%). Il resto è costituito dai Finanziamenti (3 casi) e da un’operazione di Internazionalizzazione.
Sul piano geografico, il 45,8% delle operazioni ha riguardato le regioni settentrionali, il 35,4% il Centro e il 10,4% Sud e Isole. A queste si aggiungono due casi attuati a livello nazionale e altrettanti su quello internazionale.
Tra i soggetti coinvolti, raggruppati in cluster strategici in base alle principali caratteristiche, gli Operatori privati sono stati particolarmente dinamici, incidendo per il 49% delle iniziative rilevate. Al loro interno comprendono aziende attive per lo più nella selezione e valorizzazione dei materiali e imprese che gestiscono rifiuti speciali. A seguire, gli Operatori del trattamento e smaltimento (11,5%), le Piccole e medie multiutility e le tre Grandi multiutility (8,3% ognuna). Gli altri raggruppamenti considerati (Utility, Enti pubblici/soggetti collettivi, Operatori Tecnologici, Costruttori di macchinari, etc.) segnano ciascuno quote inferiori al 4%.
Nel 2023 sono proseguiti gli andamenti innescati l’anno precedente con lo scoppio della guerra in Ucraina e il rallentamento delle maggiori economie mondiali. All’aumento dei prezzi energetici, alla crescita dell’inflazione e al conseguente calo dei consumi si è poi aggiunta la crisi in Medio Oriente. Le iniziative dei player all’interno del settore della gestione rifiuti, tuttavia, hanno continuato ad essere numerose, con una prevalenza di acquisizioni/cessioni di quote finalizzate soprattutto ad espandere le attività nel comparto dei rifiuti speciali.
Alle strategie di crescita attraverso operazioni straordinarie, si sono accompagnate iniziative, accordi e investimenti nella ricerca e nello sviluppo di nuovi processi. Numerosi e diversi sono gli ambiti e le tecnologie più innovativi, sia in Italia che all’estero tra 2022 e 2023, che hanno visto attivi i vari player del settore della gestione dei rifiuti.
Gli investimenti nel biometano proseguono, spesso anche attraverso simbiosi con le industrie produttive. Nell’ottobre 2023, ad esempio, è stato avviato nel Nord Italia un impianto che produce biometano a partire dalla frazione organica e dai rifiuti agroalimentari, nato dalla partnership tra una grande multiutility e una multinazionale italiana del settore alimentare.
Il riciclo chimico sta trovando applicazione nel recupero dei rifiuti in plastica mista, il cosiddetto “plasmix”, e anche in quello degli pneumatici esausti. Tra i casi rilevati vi è il progetto per la costruzione di un impianto per il recupero delle plastiche miste mediante pirolisi nel Regno Unito, che vede la collaborazione tra due aziende tecnologiche, una norvegese e una italiana. Un altro, nel Nord Italia, è l’avvio dei lavori per la costruzione di un impianto pilota che, mediante una tecnologia innovativa, si propone di trasformare il plasmix in materie prime seconde da impiegare nella produzione di nuovi polimeri.
A fronte delle politiche UE, il recupero delle cosiddette «Materie Prime Critiche» (MPC) diventa sempre più importante. Gli operatori ricercano così nuovi modi per recuperarne maggiori quantitativi da RAEE e RIPA, entrambi flussi caratterizzati da un significativo incremento negli anni. Esempi in Italia sono stati l’ottenimento dell’autorizzazione da parte di un impianto sperimentale per il recupero delle terre rare dai RAEE nel Lazio e la realizzazione di un impianto per il trattamento dei pannelli fotovoltaici in Toscana. Il primo promosso da un operatore tecnologico e l’altro da una grande multiutility.
Tra le frontiere di più recente sviluppo è anche il recupero delle fibre di carbonio, provenienti dai settori aerospaziale ed energetico. Nel novembre 2023, una grande multiutility e un gruppo industriale internazionale hanno avviato una collaborazione per sperimentare su larga scala l’attività di recupero, mentre un’associazione di operatori del waste management intende costruire nel Sud Italia il primo centro italiano dedicato allo smontaggio, allo smantellamento e al riciclo degli aerei a fine vita.
Ugualmente sono allo studio processi per ricavare idrogeno dai rifiuti, con la previsione di creare due “hydrogen valley” nei prossimi anni sul territorio nazionale da parte di un’azienda tecnologica. La prima nel Lazio e la seconda in Sicilia. Alcune aziende, sia utility che operanti nel settore energetico, stanno poi esplorando le possibilità di sviluppo di tecnologie Waste to Fuel, finalizzate a produrre carburanti dai rifiuti speciali generati da diversi settori industriali e commerciali, e anche di quelle Waste to Energy. In quest’ultimo caso, nell’agosto 2023, un’azienda tecnologica italiana ha depositato il brevetto per un processo che, oltre a generare energia rinnovabile, permette il recupero di nutrienti riutilizzabili in agricoltura e dell’85% dell’acqua contenuta nei fanghi.
Lo studio di nuovi processi, infine, non trascura il trattamento dei fanghi di depurazione, un settore che presenta tuttora ampie potenzialità di sviluppo. In tale ambito, uno dei maggiori player attivo nei rifiuti speciali e nelle bonifiche mira a costruire un impianto innovativo in Veneto.