Irex Annual Report 2020

L’Irex Annual Report 2020 si colloca in una fase molto particolare dell’evoluzione del sistema economico. La transizione energetica subirà una frenata o sarà invece rilanciata dalla crisi causata dall’emergenza sanitaria? 

Le analisi e i segnali raccolti nel rapporto indicano chiaramente che la trasformazione del settore elettrico è un processo ineluttabile e che proseguirà a lungo. I fermenti registrati nelle rinnovabili anche in Italia nel 2019 potranno, poi, trovare terreno fertile nel rilancio degli investimenti indotto dal Green Deal europeo. 

Il Rapporto offre numerosi elementi che confortano questa visione, esaminando una molteplicità di temi e restituendo il quadro di un settore elettrico e delle rinnovabili dinamico e in continuo cambiamento. 

Gli investimenti italiani nel 2019 hanno evidenziato segni di ripresa anche nel mercato interno, con lo sviluppo di nuovi progetti e impianti in Italia. Le operazioni mappate sono state nel complesso 211 per 10,2 GW (+38% rispetto al 2018) e 9,5 miliardi di euro. La crescita interna torna a prevalere, con 6,4 GW e un valore totale di 5,4 miliardi, di cui il 47% all’estero, dove però si è registrato un numero ridotto di operazioni. Lo sviluppo per linee esterne segna una flessione rispetto all’exploit del 2018, ma il mercato secondario italiano rimane molto attivo. Sono passati di mano impianti per 1,7 GW, con un aumento di oltre il 40% rispetto all’anno precedente. 

La prosecuzione del consolidamento, con i maggiori player del fotovoltaico che continuano ad accrescere il loro peso, è una delle tendenze strategiche più chiare. Prosegue pure l’internazionalizzazione delle imprese italiane, che vede attive anche quelle meno grandi. Le core renewable piccole e medie paiono vivaci e quelle dell’Irex Index hanno segnato nel 2019 ottime performance sul mercato mobiliare. Consistenti pipeline di progetti e il ritorno degli investitori internazionali caratterizzano il comparto delle rinnovabili italiano. Completano il quadro lo sviluppo di nuovi business e tecnologie, come lo storage e il biometano. 

Anche l’industria elettrica europea sta nel suo complesso accelerando la trasformazione sulla spinta delle politiche climatiche UE. Le maggiori venti utility europee hanno aumentato del 29% la capacità rinnovabile in un decennio e avviato piani per il phaseout del carbone. La dismissione di questi impianti vede però sensibili differenze tra le nazioni e i loro operatori. Germania ed Europa orientale, dove è maggiore il peso del carbone, sono in forte ritardo, mentre Francia, Spagna e Italia paiono più avanti. La transizione richiede anche consistenti interventi sulle reti. I sette TSO di Germania, Francia, Italia e Spagna, esaminati nel rapporto, prevedono 120 miliardi di euro di investimenti per rafforzare ed ammodernare queste infrastrutture. Il futuro del settore elettrico vedrà anche crescere la presenza di nuovi attori, con l’ingresso delle major Oil&Gas e dei Tech Giant. 

Gli investimenti nelle rinnovabili sono favoriti dal costante miglioramento degli  economics di eolico e fotovoltaico. Nella maggior parte dei dieci Paesi europei esaminati la discesa dei costi di generazione deve però fare i conti con il drastico calo dei prezzi sui mercati elettrici, dovuti a quelli di gas e carbone. Ampio è il divario nei prezzi medi tra i Paesi: dai 37,4 €/MWh della Germania ai 63,8 della Grecia. Nell’eolico il LCOE medio cala del 2,4% nel 2019, attestandosi a 42,3 €/MWh, tra i 35,7 €/MWh svedesi e i 56 italiani. In tutte le nazioni (tranne l’Italia), il LEOE copre il costo, con margini più o meno significativi. Nel fotovoltaico il calo dei Capex porta a una discesa più marcata del LCOE, in media del 6% per le installazioni commerciali e del 3,9% per quelle utility scale, rispettivamente con 64,4 e 56,5 €/MWh. I ricavi medi superiori dei primi assicurano ritorni degli investimenti migliori. Tuttavia, in vari Paesi gli impianti di grande taglia hanno LEOE maggiori degli LCOE. Ciò sta anche favorendo la diffusione dei primi PPA in Europa e in Italia. 

L’evoluzione delle policy in Europa è stata analizzata attraverso il confronto dei PNIEC dei maggiori Paesi dell’UE.   La Spagna sembra orientata ad espandere le FRNP più di tutti i grandi Paesi in termini di quota sul fabbisogno. La Francia ha deciso di ridimensionare con molta gradualità il nucleare, mentre la Germania, in cerca di una via d’uscita dal carbone, deve ancora dare forma al suo piano definitivo. L’Italia, nonostante un ambizioso programma di dismissione delle centrali a carbone, sulla cui fattibilità nei tempi previsti resta incertezza, pare meno intraprendente sugli obiettivi per le FER. Il Piano è piuttosto sbilanciato sul fotovoltaico, con le conseguenti complessità per la gestione in sicurezza del sistema ed i problemi legati ai segnali di prezzo provenienti dal mercato. 

In questo contesto, non aiuta il nuovo market design dell’UE, approvato nel Pacchetto Energia Pulita di giugno 2019, che non risolve alcune criticità per promuovere la decarbonizzazione del settore, tra cui la cannibalizzazione tra FER e le distorsioni da incentivi. In Italia si può quindi riaprire il dibattito per una nuova riforma.

Nel 2019 nel nostro Paese è stato introdotto il capacity market. Le aste per il 2022 e 2023 hanno dato una risposta al bisogno di risorse flessibili per garantire l’adeguatezza del sistema, assicurando al termoelettrico una ulteriore fonte di entrate certa e stabile. Le maggiori criticità dovranno essere affrontate nei prossimi mesi, mentre nel mediolungo termine questo nuovo strumento dovrebbe spingere gli investimenti necessari, anche in vista della fermata entro il 2025 degli 8 GW da carbone tuttora attivi. Per portare a termine la loro chiusura occorre un fast track autorizzativo in grado di sbloccare le opere connesse, come le infrastrutture di rete, gli accumuli e le rinnovabili. Quest’ultime hanno registrato un risultato sopra le aspettative nel 2019, ma per il futuro occorrerà rivedere il quadro complessivo, dati anche gli ultimi esiti di aste e registri. 

Per spingere il mercato degli accumuli si attende la riforma del MSD, dato che l’uso per arbitraggio giornaliero non pare attraente alle attuali condizioni di mercato e costi delle tecnologie.

In questo quadro, la filiera italiana del  la componentistica elettrica, formata da un vivace tessuto di imprese, si è dimostrata competitiva e mostra casi di eccellenza e innovazione. 

Le nuove direttrici tecnologiche favoriranno la transizione, attraverso la digitalizzazione e l’elettrificazione, in parallelo alla diffusione degli accumuli a supporto delle rinnovabili. Nel medio termine i fari sono puntati sull’accoppiamento tra elettrico e gas, grazie anche a biometano, P2G e idrogeno.