L’idea che l’industria di marca crei “valore condiviso”, cioè produca benefici lungo tutta la catena del valore, sostenendo l’intero sistema economico, è intuitiva. Il marchio, infatti, rende riconoscibili sul mercato i prodotti e dà garanzia della sua qualità e affidabilità.
Meno facile è, però, la quantificazione del valore diffuso, generato sull’intero Paese e sulla collettività, che deve tener conto della complessità dei diversi settori e mercati, dell’articolazione della filiera e delle molteplici ricadute. Lo studio “La marca crea valore per l’Italia”, realizzato in collaborazione con Centromarca, considerando 177 associati dei comparti alimentari, bevande e chimico ha stimato la capacità complessiva di queste imprese di creare e distribuire ricchezza, benessere e occupazione oltre i propri confini, sull’intero sistema socio-economico.
Il Valore Condiviso creato dalle associate Centromarca nel 2019 in Italia è pari a 73,1 miliardi di euro, pari al 4% del PIL 2019. È un ammontare molto consistente, equivalente al 120% circa dell’intera produzione italiana di agricoltura, silvicoltura e pesca e un terzo dei fondi del recovery fund. Di questi: 12,5 miliardi sono generati con il ricorso ai fornitori italiani, 16,2 nella fase di produzione delle imprese di marca, 1,3 in quella di logistica e 43,1 per diversi canali distributivi. È parte del valore condiviso anche la contribuzione fiscale di 30,2 miliardi, pari al 6,4% delle entrate fiscali italiane nel 2019.
Infine, la filiera impiega più di 750.000 dipendenti, corrispondenti al 3,2% degli occupati in Italia. Straordinario è l’effetto sull’occupazione, con ben dieci occupati per ogni addetto delle imprese di marca. Il settore paga nel complesso 22,7 miliardi di salari lordi, equivalenti alla spesa annua di oltre 301.000 famiglie.
Riguardo i singoli comparti, quello degli alimentari genera 28 miliardi di euro di Valore Condiviso (38,3% del totale), 11,7 miliardi di contribuzione fiscale e 291.396 posti di lavoro. Il settore si distingue per l’alto valore creato nelle fasi a monte della filiera, cioè per i fornitori, evidenziando lo stretto rapporto tra l’industria di marca e la filiera agricola e zootecnica italiana. L’industria è la principale creatrice di valore condiviso rispetto ai singoli canali distributivi. In particolare, il 49% del valore creato nella fase di distribuzione e vendita interessa la GDO, dove passano i maggiori volumi.
Le bevande creano 34 miliardi di euro di Valore Condiviso, 14 miliardi di contribuzione fiscale e 359.452 posti di lavoro, con ben 16,1 occupati per ogni addetto delle imprese Centromarca. Il comparto crea un cospicuo valore per la distribuzione‐vendita, in particolare nell’Ho.Re.Ca. dove si concentra il 57% della ricchezza generata nella filiera.
Infine, il chimico e gli accessori per la cura della persona e della casa creano 11,1 miliardi di euro di Valore Condiviso, 4,5 miliardi di contribuzione fiscale (si generano 44 centesimi di gettito per ogni euro di venduto) e 103.423 posti di lavoro. Nonostante parte degli stabilimenti e dei fornitori si trovi all’estero, il Valore Condiviso è molto rilevante. L’occupazione si concentra a valle, soprattutto nel dettaglio tradizionale.
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La stima del valore condiviso è una metodologia sviluppata da Althesys ormai da diversi anni per il calcolo delle ricadute socio-economiche su un territorio (nazione, regione, sito) di un’impresa o settore. L’analisi riguarda le attività svolte in tutte le fasi della filiera, dai fornitori alla distribuzione, e considera non solo gli effetti diretti ma anche quelli indiretti e indotti. Il valore condiviso è molto diverso dal semplice fatturato, valore aggiunto e produzione, pur partendo dai dati di bilancio delle aziende.