In un quadro inedito di crisi energetica e geopolitica, crescono i costi ma anche gli investimenti. In Italia spiccano nuove aree, come agrivoltaico, eolico offshore e accumuli, mentre si ragiona su un nuovo market design.
L’Irex Annual Report 2023 segna un giro di boa negli investimenti nelle rinnovabili nel 2022 in Italia, con una crescita straordinaria che mantiene ampio il gap autorizzativo malgrado le semplificazioni.
In tutta Europa aumentano sensibilmente gli LCOE che rendono poco attraenti le aste e inducono spesso a preferire il mercato. In questo quadro, diversi scenari di adeguatezza del sistema elettrico italiano si inseriscono nel disegno di una roadmap per la transizione. Nuove regole e modelli per il mercato elettrico sono oggetto di proposte europee, mentre in Italia il TIDE introdurrà varie novità.
Gli investimenti italiani e le tendenze strategiche
Il settore delle energie rinnovabili, seppur in un contesto macroeconomico ed energetico molto complesso, appare dinamico nel 2022. Si assiste, in particolare, ad una straordinaria impennata della potenza arrivata al record di 38,9 GW, rispetto ai 15 GW del 2021, con 958 operazioni ed investimenti per circa 41 miliardi di euro.
La maggior parte delle iniziative riguarda
nuovi progetti, di cui il 75% ancora in corso
di autorizzazione. Rimane, quindi, critico il permitting nonostante le semplificazioni.
Tra le tecnologie prevale l’agrivoltaico che, con 390 iniziative, 15,8 GW e 12 miliardi arriva a una quota del 41% e toglie il primato al fotovoltaico, che si ferma al 35%. L’eolico onshore ne conta invece 184, per 10,6 GW e 14,2 miliardi di euro. Spiccano nuove aree: eolico offshore e accumuli.
L’Italia resta il focus principale degli investimenti, con soli 0,5 GW di crescita organica all’estero e altrettanti di quella esterna. Aumenta, però, la diversificazione geografica degli investimenti esteri, con la crescita in Africa, Asia e USA, sebbene l’Europa resti la meta privilegiata. Nel mercato mobiliare, l’Irex Index cresce del 4,3% nel 2022 rispetto al -14% del FTSE All-Share. Gli scenari recessivi a livello globale, i residui ostacoli burocratici, oltre alla ristrutturazione
di alcune delle quotate, ne sono le ragioni.
I profili economici delle rinnovabili europee
Nel 2022 eolico e solare hanno segnato nuovi record di produzione (22% del mix elettrico) ma i
nuovi investimenti (soprattutto per l’eolico) non appaiono ancora in linea con i target al 2030.
Gli aumenti delle materie prime e le strozzature nella supply chain hanno impattato sui Capex, così come la politica sui tassi della BCE. Più penalizzato l’onshore, con LCOE cresciuto del 40% rispetto al 2021, mentre per l’offshore l’incremento è più contenuto (+23%). A fronte degli aumenti del LCOE non sono corrisposte adeguate revisioni delle tariffe a base d’asta, con conseguente crollo della partecipazione nel 2022. Rimane il nodo del permitting, a cui il nuovo regolamento europeo (REPowerEU) dovrebbe dare una risposta.
Il fotovoltaico è stato trainato dalle piccole taglie, che grazie ai sostegni danno un adeguato ritorno dell’investimento. Al contrario, gli impianti utility scale (+29% LCOE) soffrono delle stesse criticità che colpiscono l’eolico: forte aumento dei Capex, del costo del capitale e iter autorizzativi ancora lunghi e dall’esito incerto.
Le nuove tecnologie (moduli bifacciali, tracker e moduli ad elevata efficienza) contribuiscono a migliorare la redditività dell’investimento, dato che i maggiori Capex sono più che compensati dalla migliore produttività dell’impianto. Per l’agrivoltaico si prospettano grandi potenzialità, sebbene, al momento, il suo contributo alle
nuove installazioni sia ancora limitato.
L’evoluzione degli scenari di adeguatezza del sistema elettrico italiano
Le dinamiche dell’offerta e della domanda stan-no incidendo in tutta Europa sull’assetto e la sicurezza del sistema elettrico. ENTSO-E, con la recente analisi ERAA, evidenzia al 2030 il rischio di inadeguatezza dovuto a un’insufficiente dispo-nibilità di generazione programmabile e la con-seguente necessità di supporto economico.
Il Rapporto di Adeguatezza di Terna indica un quadro positivo al 2030. Un nuovo approccio all’analisi richiede la valutazione del potenziale aumento della disponibilità termoelettrica con interventi diversi dall’installare nuova capacità.
La transizione energetica si fonda sugli investi-menti in efficienza, rinnovabili e flessibilità.
Serve una roadmap al 2030 per definire e moni-torare l’allineamento all’obiettivo di decarboniz-zazione, su cui l’UE sta ancora discutendo. Il suo aumento pare inevitabile, anche in funzione delle esigenze di sicurezza degli approvvigionamenti, che hanno spinto la generazione da carbone in Italia. La dismissione del relativo parco impianti non è più all’ordine del giorno. Ma non è detto che mantenerlo sia la scelta più conveniente.
Nuove regole e modelli per il mercato elettrico
L’accelerazione della trasformazione del sistema elettrico, indotta sia da elementi di policy che tecnologici ed economici, si riflette in una progressiva evoluzione delle configurazioni operative e regolatorie. La proposta europea di riforma del mercato elettrico introduce alcune modifiche all’assetto attuale, senza stravolgerne l’impostazione di fondo. In Italia, la riforma del dispacciamento, prospettata nel TIDE, incide sull’accesso ai mercati dell’energia e dei servizi, sui ruoli di BRP e BSP e sull’integrazione con il mercato europeo, mentre il nuovo ruolo del DSO è ancora oggetto di progetti pilota dedicati. Evolve la regolazione dell’autoconsumo e delle reti private e, dopo l’introduzione sperimentale, si perfeziona la normativa sull’energia condivisa.
Gli accumuli in Italia: ieri, oggi e domani
L’integrazione delle rinnovabili, oltre che per il potenziamento della rete, passa per l’aumento dalla capacità di stoccaggio, che dovrebbe salire da 1 GWh nel 2019 a 95 GWh nel 2030 (esclusi impianti di pompaggio esistenti). L’introduzione di una regolazione specifica pare indispensabile per favorire i necessari investimenti.
Oltre alle batterie di piccola taglia diffusesi grazie al superbonus (1,5 GW e 2,7 GWh a fine 2022), tre misure hanno finora sostenuto gli investimenti in accumuli medio grandi: i due progetti pilota
UPI e Fast Reserve (circa 30 e 250 MW) e l’asta Capacity Market al 2024 per 2,1 GW.
La novità in prospettiva più rilevante è l’art. 18 del D.Lgs. 210/2021, che introduce aste per approvvigionare a lungo termine stoccaggio,
i cui assegnatari, dietro remunerazione annua, renderanno disponibili dei prodotti di «time shifting» e la capacità contrattualizzata su MSD.
Parallelamente, lo sviluppo di soluzioni di accumulo potrà passare anche da alcune aree innovative, come quella della mobilità elettrica.
Verso una filiera italiana dell’idrogeno verde
In un contesto difficile per il settore energetico l’UE punta sull’idrogeno verde, con politiche volte a sviluppare una value chain europea.
La creazione di una filiera italiana è spinta dai sostegni pubblici, nati dalla necessità di rilan-cio post pandemia e favorire l’indipendenza energetica: PNRR, IPCEI, REPowerEU.
Il panorama italiano vede 115 iniziative, che coinvolgono oltre 150 operatori. L’analisi mostra l’interesse crescente per l’idrogeno di player di diverse dimensioni e vari settori. Su molti aspetti l’Italia pare pronta per avviare una filiera nazionale. Ma il modello italiano è in una fase ancora embrionale. Occorre ampliare la scala dei progetti, ridurre i costi, investire in R&S e indirizzarsi verso gli usi più efficienti dell’idrogeno verde, in quanto risorsa scarsa ancora per diverso tempo in tutta Europa.