Le materie prime cruciali per la transizione green, quella energetica e per la digitalizzazione sono sempre più al centro delle politiche comunitarie e delle strategie degli operatori. Questi materiali stanno vedendo anche importanti sviluppi sul piano normativo nazionale. Il 20 giugno, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge sulle materie prime critiche (MPC) di interesse strategico, che introduce in Italia le disposizioni del Regolamento UE 2024/1252 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 aprile 2024, il cosiddetto “Critical Raw Material Act (CRMA)”. Il settore del waste management potrebbe dare un contributo significativo in questo ambito ed è pertanto interessante mettere in luce le principali disposizioni del decreto legge.
In Italia, come già visto anche dal nostro think tank WAS, diversi operatori della gestione rifiuti hanno avviato programmi e progetti per migliorare la raccolta, sviluppare nuovi processi in grado di ottenere maggiori quantitativi di materie prime critiche e/o di migliore qualità, ampliare l’impiantistica esistente e realizzare nuova capacità di trattamento. Un quadro che, tuttavia, presenta diverse criticità. Tra queste, ad esempio, le lunghe tempistiche per ottenere le autorizzazioni e la mancanza di una capacità di trattamento nazionale adeguata a far fronte alle sfide attuali.
Tra gli obiettivi del CRMA spiccano il conseguimento della sicurezza di approvvigionamento delle MPC a livello comunitario, in un contesto internazionale mutevole, sia mediante uno sviluppo del settore minerario, sia attraverso un migliore recupero dei materiali dai rifiuti. In particolare, entro il 2030, l’Unione Europea mira a soddisfare il 10% del proprio consumo annuale di MPC mediante estrazione locale, il 40% da processi di trasformazione negli Stati membri e il 25% dal riciclo dei rifiuti. Inoltre, non più del 65% del consumo annuo dell’Unione dovrà essere importato da un unico Paese extra-UE.
In questo contesto, il Regolamento UE 2024/1252 prevede siano definiti criteri uniformi per la tempestiva attuazione di progetti strategici in ambito di estrazione, trasformazione o riciclo. Tali progetti dovranno avere i seguenti requisiti:
- contribuire sensibilmente alla sicurezza di approvvigionamento UE delle MPC,
- essere tecnicamente fattibili entro un periodo ragionevole con volumi di produzione stimabili,
- essere attuati in modo sostenibile.
I progetti potranno usufruire di agevolazioni amministrative e procedure semplificate e permetteranno di conseguire i target UE. Il decreto MPC riprende tale punto e introduce “un sistema centralizzato in capo allo Stato della procedura di rilascio dei titoli abilitativi alla realizzazione dei progetti strategici”, inclusi quelli riguardanti il riciclo. In questo caso, è designato unico punto di contatto nazionale la Direzione generale competente del MASE.
L’art. 6 del decreto istituisce poi, presso il Ministero delle imprese e del Made in Italy (MIMIT), il Comitato tecnico permanente materie prime critiche e strategiche, avente compiti di coordinamento e di monitoraggio economico, tecnico e strategico delle filiere di approvvigionamento. Ogni tre anni, il Comitato è tenuto a redigere un Piano nazionale delle materie prime critiche, sottoposto all’approvazione da parte del Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE), contenente uno spaccato delle misure da attuare, delle fonti di finanziamento disponibili e degli obiettivi attesi.
Vi sono infine misure relative all’esportazione di materie prime critiche, tra cui sono inclusi anche i rottami ferrosi. L’art. 14, che modifica e integra l’art. 30 del D.L. 21/2022, stabilisce l’istituzione di un tavolo permanente per il monitoraggio degli scambi di rottami ferrosi e altre MPC. Oltre a questo, è introdotto anche l’obbligo di notifica preventiva delle relative esportazioni extra-UE se superiori alle 500 ton/mese, da trasmettere al MIMIT e al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI).
In generale, il decreto cerca quindi di delineare un quadro normativo nazionale entro cui collocare la gestione delle materie prime critiche lungo tutta la loro filiera. A tale proposito, anche considerando gli obiettivi UE al 2030, il focus sembra essere soprattutto sulle fasi a monte e, in particolare, sull’estrazione. Per quanto riguarda il riciclo, invece, come sottolineato anche da alcuni player e associazioni, non sono state incluse misure economiche volte a favorire, ad esempio, l’incremento delle raccolte, il potenziamento del parco impianti, l’innovazione dei processi di riciclo. Così come non sono previsti possibili incentivi per promuovere una migliore circolarità.
Ciononostante, alcuni player del waste management, nel quadro delle strategie di allargamento del loro perimetro di business, stanno sviluppando iniziative in questo ambito, tra gli esempi vi sono gli impianti di Iren per il recupero di pannelli fotovoltaici e metalli preziosi in Toscana, la piattaforma di Cobat per il recupero delle batterie al litio in Abruzzo, mentre Enel X e Midac hanno avviato le attività di R&S per la costruzione di un impianto di trattamento di batterie al litio da 200.000 ton/anno.
In assenza di specifici sostegni al riciclo, si potrebbe, peraltro, intervenire sui già citati lunghi tempi di autorizzazione degli impianti di recupero, che contribuiscono a limitare la crescita della filiera.
Nel documento non si citano importanti flussi di rifiuti contenenti MPC quali RAEE, pile e accumulatori, mentre l’art. 9 riporta norme per incrementare il recupero di “risorse minerarie correlate ai rifiuti estrattivi che rappresentano potenziali materie prime critiche”.
Un altro tema importante, anche in questo caso con pochi riferimenti nel testo, è una maggiore collaborazione tra Stati membri per favorire la comunicazione e gli scambi tra le filiere nazionali. I paesi UE, infatti, si trovano ad affrontare molteplici sfide tra loro collegate: promuovere lo sviluppo di settori strategici che impiegano MPC, le cui filiere devono essere ancora sviluppate in modo adeguato e, al contempo, ridurre la dipendenza verso altre nazioni per il loro approvvigionamento. Tra queste, in particolare, la Cina che, oltre ad essere ricca di giacimenti, dispone oggi di un vantaggio di circa 15-20 anni sull’UE in materia di gestione delle MPC (fonte: European Policy Centre).