Recentemente è stato approvato il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti (Pngr), previsto dall’articolo 198-bis del D.Lgs 3 aprile 2005, n. 152 inserito con il recepimento del Pacchetto europeo sulla circular economy. Si tratta di un passaggio molto importante, dato che è una delle tre riforme previste nella missione sull’economia circolare del PNRR, insieme alla strategia nazionale per l’economia circolare e al supporto tecnico alle autorità locali. L’obiettivo di tali riforme è creare terreno fertile per ottenere i maggiori benefici possibili dall’attuazione delle iniziative che saranno finanziate nel settore del waste management.
Il Programma, che ha un orizzonte temporale di sei anni, dal 2022 al 2028, e sarà aggiornato almeno ogni sei, abbraccia una pluralità di questioni cruciali per il nostro sistema di gestione dei rifiuti, andando dagli urbani agli speciali e soffermandosi su alcuni flussi di rifiuti “omogenei strategici”, dai Raee agli inerti, dai tessili all’amianto.
La rilevanza di questo strumento non pare però pienamente colta in alcuni profili del documento che, a tratti, pare troppo generico, mentre in altri non riesce a cogliere adeguatamente le peculiarità dei diversi mercati.
Tra i vari punti critici, emerge in particolare quello dei gap impiantistici che ancora caratterizzano il comparto, specialmente in alcune aree del Paese, e che è stato anche oggetto di particolare attenzione nel corso del processo di consultazione.
Il tema, che è ormai un “tormentone” per il settore, è cruciale per consentire il raggiungimento degli obiettivi europei in materia di rifiuti e l’ottenimento di una migliore circolarità, ma non sempre è valutato in modo adeguato e coerente con le realtà industriali esistenti sul territorio.
Purtroppo, anche un documento delicato come il Pngr, in alcuni passaggi, non sfugge a questo difetto. Oltretutto, alcuni di questi si intersecano con quelli della regolazione di Arera e dei progetti del Pnrr, rischiando di creare disorientamento nel mercato.
Innanzitutto, il Programma riporta semplicemente la classificazione degli impianti di trattamento dei rifiuti urbani introdotta da Arera con l’approvazione del Mtr-2 (Metodo Tariffario Rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025), senza richiedere all’Autorità, o fornire, ulteriori indicazioni sulle modalità con cui una Regione dovrebbe identificare i propri “impianti minimi”. L’individuazione degli impianti minimi viene lasciata alle singole Regioni senza che siano applicati criteri uniformi. Ad esempio, nel caso della Forsu, alcune Regioni, che pure dispongono di sufficiente capacità di trattamento, hanno classificato tutti i loro impianti come minimi. Così facendo, alcuni flussi, prima gestiti fuori regione a prezzi competitivi, sono ora trattati in prossimità con tariffe regolate, che potrebbero non essere competitive quanto quelle di impianti in altre regioni limitrofe.
Sempre nell’ambito della frazione organica, la prima bozza del Pngr escludeva la possibilità di definire macroaree e imponeva il rispetto del principio di prossimità, disallineandosi rispetto ai target EU circa la libera circolazione del rifiuto differenziato-risorsa. Si riportava infatti: “I rifiuti organici di cui all’art. 183, comma 1 lett. d) originati dal ciclo di gestione dei rifiuti urbani, in considerazione delle caratteristiche di biodegradabilità e fermentescibilità, devono essere gestiti all’interno del territorio regionale nel rispetto del principio di prossimità, al fine di limitarne il più possibile la movimentazione. Ad esclusione dei rifiuti organici, l’autonomia gestionale può essere garantita, in alcuni casi, anche su un territorio più ampio, da individuare come “macroarea”, previo accordo tra le Regioni interessate ai sensi dell’art. 117, comma 8 della Costituzione, sulla base di opportune valutazioni di sostenibilità economica, ambientale e sociale”.
In seguito alle segnalazioni da parte di diversi operatori nel Parere n. 257 del 18/05/2022 della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale – Via e Vas, la versione definitiva del Pngr allenta tali disposizioni, stabilendo che per la Forsu sia possibile definire macroaree previa presentazione di una relazione tecnica supportata da analisi Lca. Il testo è così mutato: “I rifiuti organici di cui all’art. 183 …. A tal fine le Regioni devono verificare l’autonomia impiantistica e pianificare eventuali impianti necessari alla copertura del fabbisogno, salvo l’elaborazione di una relazione tecnica supportata da uno studio Lca, finalizzata alla definizione di intese interregionali, che ne dimostri la compatibilità ambientale rispetto a categorie di impatto globale, regionale e locale (inclusi il riscaldamento globale e l’ecotossicità umana). Il conseguimento dell’autonomia impiantistica dedicata al trattamento della frazione organica non pregiudica comunque la libera circolazione di tale frazione ai sensi dell’articolo 181 comma 5. L’autonomia gestionale può essere garantita, in alcuni casi, anche su un territorio più ampio, da individuare come “macroarea”, previo accordo tra le Regioni interessate ai sensi dell’art. 117, comma 8 della Costituzione, sulla base di opportune valutazioni di sostenibilità economica, ambientale e sociale, ivi incluso le componenti relative ai beni culturali e al paesaggio”.
Le modalità con cui procedere non sono però specificate ulteriormente.
La questione impianti non riguarda tuttavia solo l’organico. Nel caso di batterie e Raee, ad esempio, si trascura come uno dei principali limiti allo sviluppo impiantistico sia la mancanza di una normativa EoW più chiara, tema ben noto ai player dei due comparti e definibile solo a livello nazionale.
Il passo successivo all’approvazione del Pngr prevede che le Regioni adeguino di conseguenza i propri piani di gestione rifiuti entro 18 mesi dalla pubblicazione del Programma. Il recepimento delle disposizioni del Pngr e la scelta delle iniziative presentate per ottenere i finanziamenti del Pnrr, che dovrebbe avvenire entro il 30 settembre, dovrebbero tuttavia andare di pari passo, in modo tale da massimizzare i benefici ottenibili dalla loro realizzazione.
Considerando distinte la valutazione delle carenze esistenti e i progetti da attuare, si rischia di vanificare la grande opportunità offerta dal Pnrr e di non realizzare quanto effettivamente necessario, oppure di costruire impianti non necessari o non adeguati. Alcune regioni hanno già oggi un sostanziale bilancio tra capacità installata e domanda di trattamento di alcune frazioni e lo sviluppo previsto per i prossimi anni grazie ai fondi del Pnrr potrebbe portare ad avere un surplus rispetto al fabbisogno previsto.
Al contempo, nella raccolta selettiva, numerosi soggetti hanno fatto richiesta per gli eco-compattatori, dato che sono tra i pochi impianti di gestione rifiuti urbani finanziabili dal Pnrr. In questo caso, senza una pianificazione adeguata si rischia che Comuni di piccole dimensioni si trovino ad avere eco-compattatori sottoutilizzati, che sarebbero saturati solo in tempi molto lunghi.
In generale, non sembra poi particolarmente lungimirante la scelta di delegare la pianificazione impiantistica e il conseguimento dei target EU alle sole Regioni. L’estrema eterogeneità delle caratteristiche del mercato e dei player attivi nelle diverse aree del territorio nazionale non consentono infatti di avere un quadro chiaro del settore del waste management nel suo complesso. In tale contesto, sarebbe invece più efficace avere una visione nazionale, ovviamente di medio-lungo periodo, insieme anche ad un maggiore coinvolgimento degli operatori nella definizione delle policy, così da individuare prontamente le eventuali mancanze esistenti in alcune aree. In alcuni casi, ad esempio, possono esistere delle discrepanze tra la capacità realmente esistente, quella rilevata da Ispra, quella effettivamente impiegata e quella in corso di realizzazione o progettazione. Il Working Paper del Was “La gestione della Forsu in Italia. Evoluzione, criticità e scenari di sviluppo” realizzato nel 2021 ha evidenziato chiaramente come questo fenomeno sia rilevante nel caso, a esempio, della frazione organica.
Nel complesso, nonostante sia certamente positiva la predisposizione di un Programma nazionale di gestione che definisca gli obiettivi generali del sistema, occorrerebbero un maggior coordinamento e sincronizzazione con le iniziative del Pnrr, una pianificazione nazionale rispetto ad una regionale e un dialogo più attivo con gli operatori. Solo in questo modo, infatti, il Pnrr potrà portare al settore il massimo dei benefici, promuovendo uno sviluppo impiantistico adeguato su tutto il territorio nazionale impiegando in modo efficiente ed efficace le ingenti risorse disponibili.