PNRR, sarà la vera svolta per la gestione rifiuti in Italia?

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede di destinare 59,47 miliardi di euro ad iniziative nell’ambito della transizione ecologica, di cui 2,1 al miglioramento della capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti e all’economia circolare. Il 30 settembre, il Mite ha quindi pubblicato i DM 396/2021 e 397/2021, che stabiliscono i criteri per la selezione dei progetti. Il settore del waste management riuscirà a sfruttare appieno questa straordinaria opportunità allocando al meglio le risorse previste? L’Italia sta facendo abbastanza, anche rispetto ai maggiori Paesi europei?

Iniziamo con il tracciare un quadro sintetico della situazione italiana. Il PNRR, dei 2,1 miliardi previsti per il settore del waste management, ne assegna 1,5 alla costruzione di nuovi impianti di trattamento dei rifiuti e al rinnovamento di quelli esistenti. Il DM 396/2021 stabilisce che il 60% (900 milioni di euro) debba essere impiegato nelle regioni del Centro-Sud. Identifica poi tre linee di intervento:

  • miglioramento del network di raccolta dei rifiuti urbani (600 milioni di euro);
  • revamping e costruzione di nuovi impianti di trattamento dei rifiuti urbani (450 milioni di euro);
  • revamping e costruzione di nuovi impianti per il trattamento di materiali assorbenti (PAD), acque reflue, rifiuti tessili e di cuoio (450 milioni di euro).

I restanti 600 milioni di euro sono rivolti alla realizzazione di progetti “faro” dell’economia circolare in determinate filiere considerate strategiche. Il DM 397/2021 prevede anche qui che il 60% delle risorse (360 milioni di euro) sia impiegato nel Centro- Sud Italia e individua quattro aree tematiche:

  • revamping e costruzione di nuovi impianti per i RAEE (150 milioni di euro);
  • revamping e costruzione di nuovi impianti per i rifiuti di carta e cartone (150 milioni di euro);
  • revamping e costruzione di nuovi impianti per i rifiuti di plastica (150 milioni di euro);
  • costruzione di nuovi impianti per i rifiuti tessili (150 milioni di euro).

Ma come si pone il piano italiano rispetto a quello di altre nazioni europee? Possiamo considerare il Piano francese e quello spagnolo in materia di gestione dei rifiuti. Poco significativo, invece, il Piano tedesco, approvato dall’UE il 22 giugno 2021 che, nonostante preveda lo stanziamento complessivo di circa 25 miliardi di euro, rimane ancora molto generale nella descrizione delle iniziative.

Nel Plan national de relance et de résilience francese, 30 miliardi di euro sui 100 miliardi complessivi (30% del totale) sono destinati a finanziare la transizione ecologica. Al settore WM vanno 370 milioni di euro, con focus su cinque settori prioritari: plastica, materiali compositi, tessili, metalli strategici, carta e cartone. Le risorse saranno allocate mediante bando pubblico dell’ADEME e, nella sezione “économie circulaire et circuits courts”, si distinguono due ambiti principali:

  • riuso e del riciclo della plastica (per cui si prevede di corrispondere 226 milioni di euro dal fondo “économie circulaire” dell’ADEME tra 2020 e 2022). Particolare attenzione è rivolta ad iniziative che mirano a ridurre l’impiego della plastica, soprattutto monouso. Ad esempio, mediante supporto alle aziende del packaging che vogliano ricercare soluzioni alternative o l’industrializzazione di nuove soluzioni di imballaggio riutilizzabili e riciclabili. Inoltre, si intende sostenere il riciclo della plastica, ad esempio, attraverso sostegno a progetti di R&S per il riciclo chimico delle materie plastiche o finanziamenti alle imprese che intendano aumentare la propria capacità di trattamento dei rifiuti in plastica o aiuti nella fornitura di plastica riciclata a converter e riciclatori per sostenere la domanda.
  • ammodernamento dei centri di raccolta (per cui saranno corrisposti 274 milioni di euro dal fondo “économie circulaire” dell’ADEME tra 2020 e 2022), selezione e riciclo dei rifiuti. In particolare, si finanzieranno l’estensione della raccolta differenziata, l’ammodernamento dei centri di selezione pubblici e privati, la produzione di energia da CSS.

Il Plan de Recuperación spagnolo, approvato dall’UE il 16 giugno 2021, destina il 40% dei 69,5 miliardi complessivi ad iniziative nell’ambito della transizione ecologica. Nel dettaglio, 850 milioni di euro sono rivolti ad iniziative di economia circolare, capaci di contribuire al raggiungimento dei target 2030: la riduzione dei rifiuti del 15% rispetto ai livelli del 2010, il riutilizzo del 10% dei rifiuti urbani, la riduzione dell’emissione di gas serra nel settore dei rifiuti al di sotto dei 10 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e il miglioramento del 10% dell’efficienza nell’uso dell’acqua. Il Piano prevede 116 misure da attuare tra 2021 e 2023 per favorire lo sviluppo dell’economia circolare, articolate in otto linee di azione: produzione, consumo e gestione dei rifiuti, materie prime seconde e riutilizzo dell’acqua, consapevolezza e partecipazione, ricerca, innovazione e competitività, occupazione e formazione. La complessità del Piano si deve anche al fatto che le iniziative e le riforme previste si legano direttamente ad alcune delle recenti disposizioni normative. 

Le differenze tra il PNRR e i Piani di queste altre nazioni sono molteplici.

  • Il Piano francese, diversamente da quello italiano e da quello spagnolo, non include “riforme” e non è quindi possibile sapere oggi se determinati investimenti saranno in futuro accompagnati da revisioni o integrazioni della normativa vigente.
  • L’Italia è la nazione che intende allocare la quota più alta di risorse al settore del waste management tra quelle considerate, probabilmente anche per la presenza di aree ancora piuttosto arretrate rispetto alla media europea. Da qui la disposizione dei recenti DM di indirizzare il 60% dei fondi alle regioni del Centro e del Sud. La Francia, di contro, non prevede di destinare specifiche risorse alle aree dotate di sistemi meno sviluppati. Una disposizione che, secondo l’European Policy Centre (EPC), potrebbe acuire i divari esistenti[1].
  • Il Piano italiano considera fin da subito sia i sussidi a fondo perduto che i prestiti da parte dell’UE, rispettivamente pari a 68,9 miliardi di euro e a 122,6 miliardi di euro, mentre Francia e Spagna (ma anche Germania) al momento non intendono ricorrere ai secondi.

Nel quadro europeo dunque, il PNRR si configura, sia in termini di risorse allocate che di misure previste, come un’occasione unica per il sistema Italia nel promuovere lo sviluppo di tecnologie innovative, il potenziamento e il rinnovamento di impianti ed infrastrutture nel settore del waste management. Non mancano tuttavia alcuni punti su cui riflettere attentamente.

Innanzitutto, si dovrà prestare attenzione che i fondi europei non generino distorsioni nel mercato, ad esempio, influenzando negativamente le attività a libero mercato. Non di meno, la decisione dell’Italia di ricorrere abbondantemente a prestiti renderà ancora più importante riuscire ad impiegate efficacemente le risorse ricevute, evitando il ripetersi di situazioni in cui i fondi europei sono stati sprecati per la costruzione di impianti che non hanno mai funzionato adeguatamente.

I recenti DM, inoltre, stabiliscono che l’allocazione delle risorse non riguarderà progetti relativi a “investimenti in discariche, in impianti di Trattamento Meccanico Biologico/Trattamento Meccanico (TMB, TBM, TM, STIR, ecc.) o inceneritori o combustibili derivati da rifiuti (che nel caso francese rientrano invece tra i progetti finanziabili, come visto), nel rispetto del principio “Do No Significant Harm” (DNSH)”. Se l’esclusione di soluzioni e tecnologie obsolete, come i TMB e le discariche, sono certamente condivisibili, qualche dubbio sorge circa il recupero di energia. Dato il quadro impiantistico italiano, caratterizzato da carenze di capacità di termovalorizzazione, il ricorso alle risorse del PNRR avrebbe potuto favorire il necessario ampliamento/revamping del parco impianti. Già nel 2019, infatti, il WAS stimava che, anche in caso di bassa produzione dei rifiuti urbani, il sistema Italia avrebbe visto nel 2035 un deficit complessivo di 1,32 milioni di tonnellate, con le sole regioni del Nord Ovest (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria) dotate insieme di capacità residua[2]. Inoltre l‘innovazione tecnologica sta andando anche in Italia verso soluzioni alternative, come il waste2fuel, per materiali, come le plastiche miste, difficili da riciclare.

Peraltro, la scelta, certamente opportuna, di dedicare consistenti risorse a progetti “faro” dovrebbe seguire un principio di “neutralità tecnologica” (fermo restando la gerarchia UE dei rifiuti), senza chiudere a priori la strada ad alcune possibili soluzioni.

In conclusione, nonostante le disposizioni adottate oggi dall’Italia sembrino promettenti, inclusa l’attuazione di riforme volte a creare terreno fertile per i progetti che saranno approvati, la sfida sarà l’attuazione efficace, tempestiva ed efficiente. Non dimentichiamo però che le attuali carenze del sistema italiano di waste management dipendono solo in parte, forse anche in misura limitata, dalla mancanza di risorse finanziarie. Finora sono mancate soprattutto una pianificazione strategica, processi di permitting adeguati e modalità di comunicazione e gestione del consenso.

La disponibilità delle risorse del PNRR è un’occasione unica che non va sprecata, ma per coglierla serve un vero cambio di passo nella capacità di decidere, progettare e attuare.


[1] Pilati M. (EPC), “National Recovery and Resilience Plans: Empowering the green and digital transitions”, aprile 2021.

[2] Althesys, “WAS Annual Report 2019. L’industria del waste management in Italia. Quadro competitivo, scenari impiantistici, innovazione”, Milano, 2020.