Il concetto di “responsabilità estesa del produttore” (Extended Producer Responsibility, EPR), coniato trent’anni fa e adottato dall’UE per affrontare quelle che gli economisti definiscono esternalità negative, è alla base dello sviluppo dell’industria del riciclo e degli attuali compliance schemes.
Fondamento delle politiche europee di economia circolare, l’istituzione di sistemi di EPR si è sviluppata negli anni, pur con diverse caratteristiche, per vari settori, tra cui quelli degli imballaggi (a partire dalla Direttiva 94/62), dei veicoli fuori uso (Direttiva 2003/53), di pile e accumulatori (Direttiva 2006/66), dei RAEE (Direttiva 2012/19), etc.
La Direttiva 2018/851 interviene su un panorama degli schemi EPR piuttosto diversificato e in una fase di trasformazione crescente, che vede messi in discussione alcuni assetti consolidati, differenti modalità di funzionamento e rapporto con il mercato, unitamente all’affacciarsi di nuovi sistemi in diversi ambiti merceologici.
In Italia, ad esempio, il settore degli imballaggi, gestito dal sistema Conai-consorzi di filiera, è da tempo in evoluzione, con interventi negli anni dell’AGCM per regolare il ruolo dei consorzi nel mercato e la nascita di altri sistemi di gestione alternativi. Sono così nati altri soggetti, sia per competere su alcuni specifici segmenti/materiali, sia per includerne di nuovi, frutto dell’innovazione tecnologica. Rientra nel primo caso Polieco, sorto per iniziativa aziendale e divenuto nel 2014 consorzio nazionale per i rifiuti di beni in polietilene, che punta sulla price competition. Ugualmente Coripet, sistema autonomo per la gestione degli imballaggi in PET per liquidi alimentari, riconosciuto nel 2018 dal Ministero dell’Ambiente. Nel solco del sistema Conai, si aggiunge, invece, Biorepack, approvato nel maggio 2020, per la gestione dei rifiuti degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile, i cui quantitativi sono cresciuti velocemente negli ultimi anni.
Nel settore dei RAEE e in quello dei RPA, i produttori assolvono alla propria responsabilità attraverso una pluralità di consorzi, principalmente sistemi collettivi, in competizione tra loro. Le due filiere stanno tuttavia convergendo via via negli anni, soprattutto a seguito dell’aumento dei dispositivi contenenti batterie, generando diverse problematiche relative alla concorrenza e alle relazioni tra i vari sistemi, spesso attivi su entrambe le filiere.
Anche in altri comparti operano più sistemi, come nel caso dei PFU, e/o hanno visto recentemente l’affacciarsi di nuovi player, come, ad esempio, per gli olii e grassi vegetali e animali, con Renoils.
In questo quadro già vivace, si inserisce la revisione del principio EPR con lo Schema di Decreto in attuazione della Direttiva 2018/851. Questo mira a introdurre diverse novità che potrebbero avere diversi impatti sugli assetti delle filiere e sulle attività dei vari player.
Innanzitutto, tra le più rilevanti vi è la possibilità di istituire nuovi sistemi “anche su istanza di parte“, aprendo così la possibilità di intervenire in nuovi settori e/o introdurre nuovi soggetti. La domanda è se l’istituzione di nuovi sistemi di EPR “su istanza di parte” aumenterà la concorrenza e l’efficienza o renderà più complesso e disordinato il funzionamento del sistema di riciclo italiano?
La risposta, ovviamente non è univoca. Mentre in alcuni comparti oggi più chiusi una maggior competizione potrebbe ridurre i costi a vantaggio di consumatori e imprese, in altri, già più aperti, rischia di produrre più rischi che benefici. Nel caso di RAEE e RPA, che presentano numerosi sistemi di gestione, già oggi parrebbero opportuni maggior coordinamento e trasparenza, anche per evitare il rischio di sovvenzioni incrociate tra i diversi segmenti.
Lo Schema di decreto prevede poi all’art. 1 (attraverso l’inserimento dell’art. 178-ter nel D. Lgs 152/2006) l’introduzione di “requisiti minimi di funzionamento” dei sistemi EPR, ritenuti necessari dalla Direttiva 2018/851 poiché “efficienza e l’efficacia di questi regimi variano notevolmente da uno Stato membro all’altro”. La Direttiva precisa che “tali requisiti generali minimi dovrebbero ridurre i costi e migliorare l’efficacia, così come garantire pari condizioni di concorrenza, anche per le piccole e medie imprese e le imprese del commercio elettronico, e l’assenza di ostacoli al funzionamento del mercato interno. […] Nel complesso tali requisiti dovrebbero migliorare la governance e la trasparenza dei regimi di responsabilità estesa del produttore e limitare le possibilità che emergano conflitti di interesse tra le organizzazioni che attuano, per conto dei produttori di prodotti, gli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa di questi ultimi e i gestori di rifiuti ai quali tali organizzazioni fanno ricorso.
Alcuni di questi requisiti potrebbero in certi casi razionalizzare e rendere più trasparente l’assetto attuale dei compliance schemes. Tra i requisiti minimi dei sistemi EPR vi è la “definizione dei ruoli e delle responsabilità di tutti i pertinenti attori nelle diverse filiere coinvolte”, in modo da evitare potenziali sovrapposizioni di ruoli. Ciò potrebbe favorire ad una maggiore chiarezza all’interno delle filiere in cui operano più compliance schemes in competizione tra loro, a volte caratterizzate da una minore trasparenza rispetto a quelle con un unico sistema.
Ugualmente “l’adozione di un sistema di comunicazione delle informazioni relative ai prodotti immessi sul mercato e dei dati sulla raccolta e sul trattamento dei rifiuti” (Art. 1 c 3, c) potrebbe favorire una migliore chiarezza nelle filiere con diversi compliance schemes attivi. La comunicazione, tuttavia, non dovrebbe essere solo tra sistemi di gestione ed istituzioni, ma dovrebbe coinvolgere anche tutti gli stakeholder, inclusi i consumatori. Nel caso delle RPA, ad esempio, ciò potrebbe essere favorito anche rendendo accessibili a tutti i dati completi di immesso, raccolto e trattato relativi a tutte le tipologie di PA (per veicoli, industriali e portatili) e non solo a quelle portatili.
Lo Schema di decreto, piuttosto articolato e non sempre del tutto chiaro, prevede anche misure con impatti potenzialmente molto forti sull’industria, laddove non addirittura foriere di possibili distorsioni. Tra questi, ad esempio, vi è la possibilità di fornire incentivi economici per incoraggiare “i detentori di rifiuti a conferire i rifiuti ai sistemi esistenti di raccolta differenziata” (Art. 1 c 3, e). Cosa questo possa significare in concreto è, tuttavia, tutto da verificare.
Da definire con maggior chiarezza in fase di attuazione sono anche i criteri di efficienza e di copertura dei costi, i quali, se sono certamente condivisibili di principio, dovranno tener conto delle specificità industriali e di adeguati criteri di condivisione degli oneri tra i diversi attori del sistema.
Altro aspetto di grande delicatezza, sia sotto il profilo economico che concorrenziale, è quello inerente alle informazioni sulla “procedura di selezione dei gestori dei rifiuti” nel caso di sistemi collettivi. Paralleli, ma che paiono non considerati nello Schema di decreto sono i meccanismi a valle per collocare i materiali raccolti e trattati. Tema, peraltro, su cui l’AGCM è intervenuta più volte.
In conclusione, sono molteplici gli interrogativi che lo Schema di decreto lascia aperti. Le risposte che dovranno dare i vari decreti (art1. C2, 1), non meglio specificati nei tempi e nei modi, saranno cruciali per capire se questa revisione del principio EPR potrà realmente favorire lo sviluppo dell’economia circolare nel nostro Paese o se, viceversa, sarà solamente un ulteriore elemento di complicazione e ingessatura del sistema. La storia della legislazione ambientale italiana non è incoraggiante, ma la necessità che la green economy possa veramente dare una spinta alla ripresa economica, dopo la crisi dovuta al lockdown, dovrebbe indurre a cambiare decisamente approccio rispetto al passato.
1 “Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, e della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio”.