rimbalzo dell’irex a marzo ma le sfide non sono finite

L’andamento dei principali listini di Borsa Italiana e l’Irex Index
Dopo il crollo del 18,3% registrato a febbraio, l’IREX Index ha segnato un rimbalzo dell’11,2% a marzo, chiudendo a 16.171 punti. Tuttavia, questo recupero non è sufficiente a riportare l’indice ai valori di gennaio, rimanendo inferiore del 9%.
L’indice delle small e mid-cap pure renewable di Borsa Italiana si è distinto dall’andamento negativo del FTSE All-Share (-1,6%), allineandosi, invece, alla performance degli altri listini europei (DAX -1,7%, CAC +4,0%, IBEX -1,6%). L’IREX Index ha, inoltre, superato la crescita del FTSE Italia Energia, che pur ha mostrato un andamento positivo (+2,4%).
Sul fronte dei prezzi dell’energia si è osservato un andamento eterogeneo. Il Brent e il WTI hanno registrato una ripresa (+2,2% e +2,1% rispettivamente) dopo i significativi cali del mese precedente (-4,7% e -5,2%). Al contrario, il gas TTF ha subito un’ulteriore forte contrazione dell’11,7%, mentre il Prezzo Unico Nazionale (PUN) è crollato del 19,8%.
La maggior parte delle società attive nel settore delle energie rinnovabili ha continuato a registrare performance negative. Unica eccezione significativa è Alerion, che ha messo a segno un rimbalzo del 12,0% dopo il calo del 19,2% di febbraio. Quest’ultimo era stato causato dalle revisioni al ribasso delle previsioni di vendita e redditività, oltre che da una contrazione dei ricavi e dell’EBITDA nei primi nove mesi del 2024.
Le performance peggiori del paniere sono state quelle di ESI (-16,8%) e Seri Industrial (-21,9%). Nel caso di ESI, la crescita registrata nel mese precedente grazie al miglioramento della performance operativa non è bastata a controbilanciare il contesto negativo del mercato e l’incertezza generata da un cambio ai vertici del CdA. I risultati positivi di bilancio e le attività di sviluppo non sono riuscite a rassicurare gli investitori.
Anche Seri Industrial ha risentito del clima di incertezza. Nonostante l’autorizzazione all’acquisto di azioni proprie e la conferma dell’indipendenza di un consigliere di recente nomina, il mercato ha reagito con cautela. Gli interventi societari non sono stati sufficienti a contrastare le pressioni negative del contesto generale.
L’economia globale sta rallentando, con previsioni di crescita del PIL reale che scendono al 3,1% nel 2025 e al 3% nel 2026 (OCSE). Il quadro resta incerto: la domanda interna è debole in diversi Paesi, l’inflazione ancora persistente in molti casi e le tensioni geopolitiche si sommano a quelle commerciali. Il rischio di una frammentazione economica globale è concreto, con politiche più restrittive che potrebbero tornare in primo piano in caso di rialzo dei prezzi superiore alle attese. Al contrario, un allentamento delle barriere commerciali potrebbe offrire un sostegno alla crescita.
Le previsioni per gli Stati Uniti indicano un rallentamento dell’economia al 2,2% nel 2025 e all’1,6% nel 2026. In Cina, la crescita dovrebbe attestarsi al 4,8% nel 2025 e al 4,4% nel 2026. L’Area Euro resta su livelli moderati, con una crescita attesa dell’1% nel 2025 e dell’1,2% nel 2026. Per la Germania si prevede un aumento del PIL dello 0,4% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026. In Francia, le previsioni indicano una crescita dello 0,8% nel 2025 e dell’1% nel 2026. L’Italia dovrebbe registrare un’espansione dello 0,7% nel 2025 e dello 0,9% nel 2026 (OCSE).
Sul versante del commercio, resta elevato il rischio di un inasprimento delle misure protezionistiche. Una simulazione condotta dall’OCSE evidenzia gli effetti di un aumento del 10% dei dazi bilaterali su tutti i beni non energetici tra gli Stati Uniti e il resto del mondo. A tre anni dall’introduzione della misura, il PIL globale si ridurrebbe dello 0,3% rispetto allo scenario base, con un aumento dell’inflazione globale di 0,4 punti percentuali all’anno in media. Gli impatti maggiori colpirebbero il Messico, seguito da Canada e Stati Uniti stessi. Anche il Giappone, l’Area Euro e la Cina registrerebbero un impatto negativo, seppur più contenuto.
Guardando al settore rinnovabili, le politiche commerciali dell’amministrazione Trump, in particolare quelle rivolte alla Cina, hanno messo a rischio l’accesso a minerali essenziali per le tecnologie pulite. Pechino, in risposta, ha, infatti, imposto controlli sulle esportazioni di terre rare, fondamentali per la produzione di moduli solari, turbine eoliche e batterie.
Inoltre, le incertezze legate alle guerre commerciali e alle politiche energetiche hanno spinto gli investitori a cercare opportunità al di fuori degli Stati Uniti, con alcuni Paesi in via di sviluppo, in particolare in America Latina, e del Mediterraneo che sono diventati destinazioni attraenti per gli investimenti in progetti solari ed eolici, grazie a risorse naturali favorevoli e politiche locali di supporto.
A proposito di queste, la recente ripresa dell’indice IREX potrebbe riflettere un clima di rinnovato interesse per il settore, ma non deve far credere che tutte le criticità siano superate. Si tratta piuttosto del riflesso di alcune novità regolatorie e di mercato che hanno generato un momentaneo slancio.
Tra queste, i risultati della sedicesima e ultima procedura di registri e aste del GSE per gli incentivi FER 1 hanno avuto un ruolo importante, dato che risulta assegnata tutta la potenza disponibile per quasi 460 MW. Tuttavia, il quadro regolatorio resta in transizione: l’attenzione si sposta sul nuovo meccanismo FER X, nella sua versione transitoria. In vista della prossima asta, che dovrebbe avvenire nella prima metà del 2025, si prevede una fortissima competizione, vista la quantità di potenza autorizzata e in via di autorizzazione rispetto al pur corposo contingente.
Emerge, inoltre, una novità importante: con la delibera 128/2025, Arera ha esteso i rimborsi per mancata produzione – finora riconosciuti solo all’eolico – anche al solare. La decisione è arrivata dopo che Terna ha segnalato la necessità di aumentare i distacchi di produzione rinnovabile non programmabile già dalla primavera 2025 per esigenze di sicurezza del sistema.
In conclusione, il settore delle rinnovabili resta uno dei più dinamici e promettenti, ma anche uno dei più esposti agli effetti collaterali delle guerre commerciali, delle incertezze normative e dei ritardi infrastrutturali. Un ambiente stabile, competitivo e con adeguata governance rimane una precondizione per garantirne lo sviluppo.

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