Termovalorizzatori, si riparte dalla Sicilia?

Il tema della carenza impiantistica è da diversi anni al centro del dibattito della gestione dei rifiuti in Italia. Tasto particolarmente dolente sono i termovalorizzatori, soprattutto in relazione ad alcune aree, spesso terreno di scontro politico piuttosto che di confronto tecnico.

A sorpresa, qualche giorno fa, il Presidente della Regione con le maggiori criticità, la Sicilia, non ha escluso la possibilità di realizzare i due termovalorizzatori previsti nelle osservazioni del Ministero dell’Ambiente. Potrebbe dunque essere questo il punto di partenza per una reale svolta nella gestione dei rifiuti in Sicilia e, più in generale, per tornare a investire negli impianti nel nostro Paese?

Innanzitutto, proviamo a comprendere meglio lo stato attuale della Sicilia nella gestione dei rifiuti urbani rispetto all’Italia nel suo complesso (Figura 1). In Italia nel 2018 la quota maggiore è stata assorbita dalla raccolta differenziata, pari al 58,1%, arrivando anche a valori superiori all’85% in alcune aree. La gestione dei RU ha visto il recupero di materia come destinazione del 49% dei rifiuti prodotti, mentre il 18% è stato inviato ad incenerimento e il 21,5% è stato smaltito in discarica.

Nello stesso anno, la Sicilia, con una popolazione di quasi 5 milioni di abitanti, ha registrato una produzione di rifiuti urbani di circa 2,3 milioni di tonnellate (-0,5% sull’anno precedente). La raccolta differenziata si è attestata sulle 675.980 tonnellate, corrispondenti ad un tasso medio di RD del 29,5% (rispetto al 21,7% nel 2017). Intorno al 69% dei rifiuti urbani prodotti nella Regione è stato smaltito in discarica. La Sicilia non dispone di alcuna capacità waste-to-energy sul proprio territorio, nonostante si siano susseguiti negli anni diversi e travagliati tentativi di realizzare dei termovalorizzatori.

Era il lontano 2002, quando veniva indetto il bando di gara che prevedeva la realizzazione di quattro termovalorizzatori a Palermo, Augusta, Casteltermini e Paternò. Tra ricorsi, contenziosi e accordi sparsi in un arco di quasi vent’anni non si è arrivati a niente di fatto.

Più recentemente, l’art. 35 (Piano nazionale di inceneritori) del Decreto Sblocca Italia aveva previsto il potenziamento della capacità di termovalorizzazione a livello nazionale, inclusa la creazione di “almeno due inceneritori” in Sicilia, anche in questo caso senza alcun risultato.

L’analisi della dotazione impiantistica WtE condotta nel WAS Annual Report 2019 mette in luce una situazione nazionale piuttosto critica, confermando un significativo fabbisogno impiantistico. Pur considerando lo scenario di Bassa Produzione RU (BP)1, si stima, infatti, al 2035 un quantitativo di rifiuti da destinare a recupero energetico in Italia superiore alle 10 milioni di tonnellate, con un conseguente deficit di capacità di circa 1,32 milioni di tonnellate a livello nazionale (Figura 2). Su questo, la Sicilia pesa da sola per il 68%, con un divario regionale di circa 902.640 tonnellate.

Il quadro è ancora più critico se si pensa che l’analisi di adeguatezza impiantistica che il WAS aveva già realizzato nel 2014 indicava un fabbisogno nazionale che è oggi dimezzato, mentre quello siciliano è rimasto sostanzialmente invariato. Questo a causa, non solo della carenza impiantistica, ma anche della inadeguata gestione complessiva dei rifiuti urbani, evidenziata tra l’altro dai bassi livelli di raccolta differenziata.

La possibilità di realizzare nuova capacità di termovalorizzazione partendo proprio dalla Sicilia, risolverebbe dunque buona parte del problema e permetterebbe di affrontare in modo deciso l’emergenza rifiuti che da anni caratterizza la Regione.

Si pensi al caso della Campania che fino a qualche anno addietro era sinonimo di emergenza rifiuti e che ora, grazie all’impianto di Acerra, ha realmente voltato pagina. Oggi si sente parlare di possibili emergenze nell’area solo quando l’impianto non è operativo, come nell’eventualità di manutenzione.

Ma il recupero energetico da solo non risolverebbe tutto. Raccolta differenziata e impianti per l’organico dovrebbero completare il disegno. Sempre l’ultima analisi di adeguatezza del WAS mostra che anche nello scenario BP al 2035 è necessario potenziare la capacità esistente e/o realizzare ulteriori impianti per il trattamento della FORSU (Figura 3).

In conclusione, il messaggio che arriva dalla Sicilia potrà realmente concretizzarsi in un passo avanti nella gestione regionale dei rifiuti? E più in generale, potrà portare a riconsiderare l’importanza di un’adeguata dotazione impiantistica, termovalorizzatori compresi, per il nostro Paese?

La proposta lanciata nel WAS 2017 di una strategia nazionale per i rifiuti, e rilanciata recentemente da alcuni stakeholder del settore, rimane più che mai attuale, ma serve una convinta spinta politica e sociale, con una condivisione da parte di tutti gli attori, a partire dai cittadini.

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(1) In base alle stime di crescita della popolazione al 2035 (ISTAT), lo scenario assume che tutte le Regioni raggiungano il dato pro-capite 2018 del Veneto, che unisce alta raccolta differenziata (73,8%) e una produzione pro-capite di rifiuti inferiore alla media italiana (481,7 kg/ab. contro 499,7 kg/ab. nel 2018), pur con un PIL pro-capite superiore alla media nazionale.